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Rapporto OsMed 2008: farmaci antineoplastici e immunomodulatori


1 Agosto 2009 - Nel 2008 la spesa complessiva per i farmaci antineoplastici e immunomodulatori è stata di 2.688 milioni di euro di cui il 19,2% territoriale e l’80% a livello delle strutture pubbliche.
La spesa pro capite osservata a livello delle strutture pubbliche ( 36 euro ) è circa quattro volte più alta di quella territoriale ( 8,7 euro ), spiegabile dal costo elevato di alcuni farmaci di impiego esclusivamente ospedaliero e dalla distribuzione diretta dei farmaci ad alto costo ( lista PHT e altre modalità distributive ).

Se si confronta la spesa territoriale pubblica e privata nei vari Paesi europei per questa classe di farmaci, quella italiana continua ad essere fra le più basse ( 2,7% ), seconda solo al Portogallo ( 0,4% ). Tuttavia, in particolare per questa categoria di farmaci, il dato di spesa territoriale non tiene conto della quota di spesa ospedaliera e delle diverse modalità distributive fra le strutture pubbliche dei vari Paesi non consentendo un corretto confronto.

A livello regionale, anche nel 2008, si continua ad osservare una grande variabilità sia nella spesa sia nella prescrizione per i farmaci di classe A-SSN: la Calabria è la Regione con la maggiore spesa pro capite ( 16,2 euro ) e la prescrizione più elevata ( 6,8 DDD/1000 abitanti die ), mentre la Toscana continua ad essere la Regione con la minor spesa pro capite ( 0,6 euro ) e la prescrizione più bassa ( 0,4 DDD/1000 abitanti die ).
Questa forte variabilità è dovuta in gran parte alla diversa intensità con cui le Regioni hanno attivato la distribuzione diretta per molti di questi farmaci i cui consumi scompaiono dal flusso di dati che si riferisce al consumo territoriale. Questo fenomeno è evidente osservando la serie storica illustrata nel box che mostra una riduzione dei consumi negli ultimi anni nel canale distributivo territoriale.

L’Anastrozolo è l’unico principio attivo di questo gruppo a comparire tra i primi 30 principi attivi per spesa territoriale, con ranghi di spesa molto diversi tra le Regioni, dall’8° posto in Lombardia fino al 346° in Toscana; questo fa presupporre l’adozione di diverse modalità prescrittive e distributive.

Invece, nell’ambito dei farmaci erogati dalle strutture pubbliche, ben 8 principi attivi appartenenti a questa classe compaiono fra i primi 30 per spesa, con Trastuzumab ed Etanercept rispettivamente al primo e secondo posto in Italia e fra i primi 10 principi attivi in tutte le Regioni.

Tra i farmaci antineoplastici e immunomodulatori, a livello territoriale il sottogruppo a maggior spesa è quello degli inibitori enzimatici, seguito dagli altri immunosoppressori, dai fattori di crescita e dagli antiandrogeni, mentre a livello delle strutture pubbliche al primo posto per spesa si collocano gli antineoplastici citostatici seguiti dagli anticorpi monoclonali, dagli immunosoppressori biologici e dagli inibitori della tirosin chinasi.

Da un’analisi più dettagliata, è possibile evidenziare che gli inibitori enzimatici, farmaci utilizzati prevalentemente a livello territoriale, nella terapia del tumore della mammella, continuano ad occupare il primo posto, per spesa e consumo sul territorio ( 3,5 euro pro capite e 1,7 DDD/1000 abitanti die ) con un incremento d’utilizzo dell’8,5% rispetto al 2007, mentre a livello delle strutture pubbliche il loro impiego è più limitato con 0,4 euro di spesa pro capite e 0,3 DDD/1000 abitanti die.

Sul territorio nel 2008 si conferma la tendenza, osservata già dal 2005, all’aumento della prescrizione di Anastrozolo, Letrozolo ed Examestane e alla riduzione degli antiestrogeni ( -9,4% delle DDD ), da attribuire oltre che alla presenza nella classe di Tamoxifene a brevetto scaduto ( effetto mix di -1,0% ) ad una netta riduzione delle prescrizioni ( -9,4% ).

Per il sottogruppo degli antiandrogeni ( Flutamide e Bicalutamide ), a livello territoriale si osserva un calo di spesa del 22,2% rispetto al 2007 legato sia a un netto calo dei prezzi ( -13,7% ), in quanto principi attivi a brevetto scaduto, che alla riduzione delle quantità prescritte ( -10% ). In particolare la Bicalutamide, presente nella lista PHT, è erogata dalle strutture pubbliche ( 0,9 DDD/1000 abitanti die ) in misura 3 volte maggiore che sul territorio ( 0,3 DDD/1000 abitanti die ) mentre la spesa pro capite è sostanzialmente paragonabile nelle due aree di prescrizione ( rispettivamente 1,08 euro e 0,7 euro ).

A livello delle strutture pubbliche il totale degli antineoplastici citostatici costituisce il maggior capitolo di spesa e incide per il 19% ( pari a 409,4 milioni di euro ) e per circa il 20% delle DDD prescritte, mentre gli anticorpi monoclonali, pur rappresen-tando solo il 2,3% dei consumi della classe, incidono per il 18,5% ( pari a 398,5 milioni di euro ) sulla spesa.

Tra gli anticorpi monoclonali ad uso prevalentemente oncologico ( Trastuzumab, Rituximab, Cetuximab e Bevacizumab ), il più utilizzato è il Trastuzumab ( 2,68 euro pro capite ) il cui impiego, oltre che nella fase avanzata, è andato consolidandosi nella terapia adiuvante del carcinoma mammario HER-2-positivo, dopo chirurgia e chemioterapia. Dopo la pubblicazione degli studi, che ne hanno portato all’estensione dell’impiego in terapia adiuvante, i dati di follow-up a 2 anni hanno confermato l’efficacia del farmaco in termini di sopravvivenza globale e di intervallo libero da malattia.

Bevacizumab e Cetuximab, indicati nel trattamento in prima linea della neoplasia del colon retto metastatica in combinazione alla chemioterapia, si collocano rispettivamente al 9° ed al 18° posto tra i principi attivi a maggior spesa con un valore pro capite di 1,2 euro e 0,6 euro.
Il Bevacizumab è indicato anche per il trattamento di altre neoplasie in stadio avanzato fra cui mammella, polmone e rene.
In uno studio in cui Bevacizumab è stato utilizzato in aggiunta alla terapia standard ( FOLFIRI: 5FU / Acido folinico e Irinotecan ) nella prima linea del carcinoma metastatico del colon, tale farmaco ha mostrato un aumento della sopravvivenza globale rispetto alla sola terapia standard di 4,7 mesi; tale risultato non è stato confermato quando il Bevacizumab è stato associato al solo 5FU / Acido folinico e confrontato verso FOLFIRI.

Fra gli inibitori della tirosin chinasi al primo posto è presente l’Imatinib ( 2,43 euro pro capite ), indicato sia per neoplasie ematologiche sia per tumori solidi non resecabili, tumori stromali del tratto gastro-intestinale e recentemente per il dermatofibrosarcoma protuberans ( DFSP ). L’utilizzo dell’Imatinib in prima linea per il trattamento della leucemia mieloide cronica è raccomandato da alcune linee guida per la fase cronica, ed è considerato un’opzione terapeutica nei pazienti che inizialmente presentano la fase accelerata o la crisi blastica.
Nello studio IRIS l’Imatinib ha dimostrato, in termini di progressione della malattia e di risposta citogenetica completa, un vantaggio rispetto all’associazione tra Interferone-alfa ( INF-alfa ) e Citarabina a basse dosi ( precedente standard terapeutico). L’analisi dei dati al follow-up a 5 anni ha confermato il mantenimento della risposta nei pazienti trattati con Imatinib. Tale farmaco, inoltre, ha mostrato un profilo di tollerabilità migliore rispetto alla terapia standard.

A livello delle strutture pubbliche gli immunosoppressori biologici incidono sul consumo totale di questo gruppo per l’8,7% così come i restanti immunosoppressori di origine non biologica, ma con una spesa pro capite almeno 3 volte maggiore ( 6,51 euro vs 1,83 euro ).
La spesa degli immunosoppressori biologici ( 388,4 milioni di euro ) è dovuta quasi interamente agli anti-TNF-alfa ( 346,6 milioni di euro ), il cui consumo è da attribuirsi a diversi ambiti di impiego: reumatologico, dermatologico o gastroenterologico.
In ambito reumatologico, l’impiego degli inibitori del TNF-alfa per il trattamento dell’artrite reumatoide, secondo quanto concordato da diverse linee guida dovrebbe avvenire come seconda scelta, cioè nei pazienti con artrite reumatoide in fase attiva o con danno strutturale progressivo, che non rispondono adeguatamente ai farmaci convenzionali DMARDs ( disease-modifying antirheumatic drugs ) non biologici, quali Metotrexaato, Leflunomide, e Sulfasalazina. Solo in casi altamente selezionati ne può essere considerato l’impiego in prima scelta.
Un consumo più basso si registra, invece, per Abatacept ( 100.000 DDD nel 2008 ), commercializzato in Italia a fine 2007 e registrato per il trattamento dell’artrite reumatoide attiva, da moderata a grave, in combinazione con Metotrexato, quando la risposta ad altri farmaci antireumatici, incluso almeno un anti-TNF, risulti insufficiente.

Anche in ambito dermatologico gli inibitori del TNF-alfa trovano un impiego crescente, in particolare per il trattamento della psoriasi a placche di grado moderato grave dopo fallimento della risposta con altri farmaci sistemici inclusi Ciclosporina, Metotrexaato o PUVA.
I dati disponibili in quest’ambito derivano principalmente da studi a breve termine ( 12-24 settimane ), verso placebo, in pazienti naive o dopo un unico insuccesso terapeutico; per gli anti-TNF-alfa il profilo di sicurezza a lungo termine rimane ancora da definire. In questa ottica il progetto PSOCARE, che prevede la registrazione dei pazienti di nuova diagnosi in trattamento con farmaci sistemici per la psoriasi, ha fra le sue finalità anche quella di definire il profilo di sicurezza a lungo termine di questi farmaci.

L’Efalizumab, farmaco ad esclusivo uso dermatologico, ha registrato nel 2008 una spesa di 20,8 milioni di euro per circa 600.000 dosi prescritte. In seguito alla segnalazione di tre casi di leucoencefalopatia multifocale progressiva ( PML ) in pazienti affetti da psoriasi cronica a placche trattati per più di tre anni, Efalizumab è stato oggetto di una rivalutazione del suo profilo beneficio-rischio da parte dell’EMEA, che all’inizio del 2009 ne ha disposto la sospensione dell’autorizzazione all’immissione in commercio.

Risulta chiaro che nell’impiego degli immunosoppressori biologici il rapporto beneficio-rischio assume rilevanza diversa a seconda dell’ambito clinico di utilizzo ( reumatologico, dermatologico, gastroenterologico ) e sulla base della gravità della patologia da trattare. Infine, è utile ricordare che i farmaci biologici sono stati studiati e impiegati originariamente in ambito oncologico e solo successivamente hanno trovato un utilizzo crescente in patologie croniche caratterizzate da una aspettativa di vita più lunga, per le quali le conoscenze del profilo di sicurezza diventano un elemento fondamentale per la scelta del trattamento e dovranno essere oggetto di future ricerche.

Fonte: Gruppo di lavoro OsMed. L’uso dei farmaci in Italia. Rapporto nazionale anno 2008. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2009

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